Descrizione
Edizione riveduta.
Pagine: 240
LE CHIUDENDE
Questa storia mi fu raccontata molti anni fa dal “nonno”, uno zio acquisito, marito di una sorella di mio padre. Quando mi raccontò il fatto dal quale prende spunto questo racconto, eravamo diretti a uno dei sui terreni, in località Sarchine. Mentre camminavamo sul viottolo mi soffermai a osservare la tanca di Codes. Si trattava di un terreno vasto e pianeggiante, caratteristiche queste che rendevano il suo proprietario decisamente fortunato, al contrario della maggior parte dei contadini che possedevano solo piccoli e spesso scoscesi appezzamenti. Al “nonno” venne allora in mente un fatto avvenuto un secolo e mezzo prima, agli inizi dell’Ottocento, in cui era rimasto coinvolto un ragazzo sardo dal nome importante, lo stesso che portava il re di Sardegna.
LA BARDANA
Il termine sardo “bardana” viene oggi generalmente riferito alle rapine del passato, soprattutto a quelle della seconda metà dell’Ottocento, compiute in Sardegna da vere e proprie orde armate. I protagonisti erano banditi alla macchia, insieme ai quali però non di rado agivano persone insospettabili che non avevano conti in sospeso con la giustizia. Queste bande in genere occasionali si costituivano allo scopo di razziare provviste (granaglie, fomaggi, soldi ecc.) che dovevano servire al sostentamento degli stessi banditi, ma in certi casi anche di intere famiglie. Non pochi sostengono che il fenomeno delle bardane sarebbe stato in buona misura determinato dell’Editto delle Chiudende, la discussa legge del 1820 che modificò nell’isola i diritti di sfruttamento sulle terre private e demaniali e che provocò l’impoverimento di tanti contadini e pastori.